Sindromi mielodisplastiche Sindromi Mielodisplastiche: sono un grup­po di disor­di­ni pri­mi­ti­vi del Midollo Osseo che coin­vol­go­no la cel­lu­la sta­mi­na­le emo­po­ie­ti­ca (cioè la cel­lu­la midol­la­re pro­ge­ni­tri­ce da cui deri­va­no le cel­lu­le che cir­co­la­no nel san­gue peri­fe­ri­co). La loro fre­quen­za sem­bra in aumen­to; esse rap­pre­sen­ta­no le neo­pla­sie ema­to­lo­gi­che più comu­ni dell’anziano con un’età media­na alla dia­gno­si di 60–75 anni anche se l’esatta inci­den­za sfug­ge per le fre­quen­ti impre­ci­sio­ni dia­gno­sti­che e di regi­stra­zio­ne. Tuttavia si ritie­ne che l’incidenza grez­za sia di cir­ca 8 casi ogni 100.000 per­so­ne per anno, per­cen­tua­le che sale a cir­ca 35 casi ogni 100.000 per­so­ne per anno oltre i 70 anni di età. Tale aumen­to può riflet­te­re un incre­men­to del­le per­so­ne anzia­ne, del miglio­ra­men­to del­la soprav­vi­ven­za e dell’affinamento del­la dia­gno­si per un uso più appro­pria­to e dif­fu­so del­la biop­sia osteo­mi­dol­la­re.

Le Sindromi Mielodisplastiche deri­va­no dal­la pro­li­fe­ra­zio­ne clo­na­le di un pro­ge­ni­to­re emo­po­ie­ti­co che sfug­ge ai mec­ca­ni­smi che con­trol­la­no la pro­du­zio­ne del­le cel­lu­le del san­gue e ciò si tra­du­ce in un qua­dro di emo­po­ie­si inef­fi­ca­ce. Alcuni fat­to­ri ambien­ta­li (come l’esposizione ad agen­ti tos­si­ci qua­li sol­ven­ti orga­ni­ci, pesti­ci­di, radia­zio­ni ioniz­zan­ti, tera­pie cito­sta­ti­che) rap­pre­sen­ta­no fat­to­ri di rischio che pos­so­no influi­re sul­la com­par­sa del­le sin­dro­mi mie­lo­si­spla­sti­che.
Sebbene una cer­ta per­cen­tua­le pos­sa evol­ve­re in leu­ce­mia acu­ta, la sto­ria natu­ra­le del­la malat­tia varia da caso a caso, tal­vol­ta con aspet­ti di for­me indo­len­ti che si tra­sci­na­no per anni, talal­tra di for­me a rapi­da evo­lu­zio­ne bla­sti­ca. Quindi è cor­ret­to inter­pre­ta­re le Mielodisplasie come sin­dro­mi pre-leucemiche nel­le qua­li il clo­ne neo­pla­sti­co, duran­te il perio­do di osser­va­zio­ne può o non può evol­ve­re in leu­ce­mia acu­ta. Attualmente Mielodisplasie e Leucemie acu­te sono con­si­de­ra­te un “con­ti­nuo pato­lo­gi­co” sen­za inter­ru­zio­ne, con mani­fe­sta­zio­ni cli­ni­che di gra­vi­tà cre­scen­te.

Al momen­to del­la dia­gno­si, il pazien­te rife­ri­sce più comu­ne­men­te sin­to­mi cor­re­la­bi­li all’anemia, qua­li affa­ti­ca­bi­li­tà (aste­nia) di gra­do varia­bi­le e dif­fi­col­tà respi­ra­to­rie (dis­pnea) spe­cial­men­te in con­co­mi­tan­za di sfor­zi fisi­ci. Sintomi meno fre­quen­ti sono gli epi­so­di infet­ti­vi (secon­da­ri alla neu­tro­pe­nia), pre­va­len­te­men­te di ori­gi­ne bat­te­ri­ca, reci­di­van­ti e a len­ta riso­lu­zio­ne e le mani­fe­sta­zio­ni emor­ra­gi­che (secon­da­rie alla pia­stri­no­pe­nia) con com­par­sa di por­po­ra ecchi­mo­si o ema­to­mi in occa­sio­ne di trau­mi, più rara­men­te epi­stas­si, gen­gi­vor­ra­gia, o san­gui­na­men­ti del trat­to gastroen­te­ri­co.

La pri­ma clas­si­fi­ca­zio­ne del­la Sindromi Mielodisplastiche risa­le al 1982 ad ope­ra del FAB (French-American-British) Cooperative Group in cui ci si avva­le­va esclu­si­va­men­te di cri­te­ri mor­fo­lo­gi­ci (cito­pe­nia, displa­sia midol­la­re, % di cel­lu­le imma­tu­re o bla­sti­che nel san­gue peri­fe­ri­co o midol­lo, % di side­ro­bla­sti midol­la­ri), distin­guen­do 5 for­me:
°ANEMIA REFRATTARIA (AR);
°ANEMIA REFRATTARIA CON SIDEROBLASTI AD ANELLO (RARS);
°ANEMIA REFRATTARIA CON ECCESSO DI BLASTI (AREB);
°ANEMIA REFRATTARIA CON ECCESSO DI BLASTI IN TRASFORMAZIONE (AREB‑t);
°LEUCEMIA MIELOMONOCITICA CRONICA.

La com­par­sa di com­pli­can­ze infet­ti­ve rap­pre­sen­ta un even­to fre­quen­te nei pazien­ti affet­ti da tale pato­lo­gia. La cau­sa è dovu­ta in gran par­te allo sta­to di immu­no­sop­pres­sio­ne secon­da­rio alla neu­tro­pe­nia (i neu­tro­fi­li sono i pri­mi effet­to­ri del­la rispo­sta infiammatoria/immunitaria) e la mag­gior par­te del­le infe­zio­ni sono di tipo bat­te­ri­co loca­liz­za­te a livel­lo del­le vie respi­ra­to­rie e trat­ta­te con anti­bio­ti­ci a lar­go spet­tro. Col tem­po l’anemia resi­sten­te ad ogni tipo di trat­ta­men­to impo­ne al pazien­te un fab­bi­so­gno tra­sfu­sio­na­le non sce­vro da com­pli­can­ze, la più impor­tan­te del­le qua­li è rap­pre­sen­ta­ta da un sovrac­ca­ri­co di fer­ro che si accu­mu­la in vari tes­su­ti pro­vo­can­do feno­me­ni di insuf­fi­cien­za d’organo. I pazien­ti affet­ti da MDS pre­sen­ta­no un rischio di evo­lu­zio­ne in Leucemia Acuta Mieloide pre­ve­di­bi­le in base agli sco­re pro­gno­sti­ci.

La scel­ta tera­peu­ti­ca del­le Sindromi Mielodisplastiche vie­ne valu­ta­ta in fun­zio­ne del­le carat­te­ri­sti­che del pazien­te (età, per­for­man­ce sta­tus) e del­la malat­tia (sco­re pro­gno­sti­ci IPSS e WPSS). L’approccio ini­zia­le ad un pazien­te con MDS con­si­ste in un perio­do di watch and wait duran­te il qua­le potran­no esse­re even­tual­men­te ese­gui­ti ulte­rio­ri accer­ta­men­ti dia­gno­sti­ci, pri­ma di ini­zia­re a con­si­de­ra­re un trat­ta­men­to medi­co, spe­cie nei sog­get­ti anzia­ni o fra­gi­li o in quel­li in cui la dia­gno­si risul­ta incer­ta. I pazien­ti a bas­so rischio di evo­lu­zio­ne in Leucemia acu­ta mie­loi­de sono can­di­da­ti ad una tera­pia di sup­por­to vol­ta a cor­reg­ge­re la cito­pe­nia peri­fe­ri­ca men­tre i pazien­ti a più alto rischio sono can­di­da­ti ad un trat­ta­men­to spe­ci­fi­co, modu­la­to in base all’età e alle con­di­zio­ni gene­ra­li.

Al momen­to il TRAPIANTO ALLOGENICO DI CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE rap­pre­sen­ta l’unica tera­pia in gra­do di indur­re una remis­sio­ne a lun­go ter­mi­ne in pazien­ti mie­lo­di­spla­sti­ci; tut­ta­via tale meto­do­lo­gia può esse­re appli­ca­ta ad una mino­ran­za di casi, dal momen­to che i pazien­ti han­no un’età media supe­rio­re ai 70 anni e tale approc­cio non è sce­vro da peri­co­li sia per un cer­to rischio di mor­ta­li­tà sia per un’alta per­cen­tua­le malat­tia con­tro l’ospite (GVHD Graft ver­sus Host Disease – il clas­si­co riget­to), ede è quin­di più razio­na­le appli­car­la a pazien­ti gio­va­ni a pro­gno­si infau­sta o con malat­tia in sta­dio avan­za­to.

Trapianto allogenico di cellule staminali con trattamento mieloablativo

Rappresenta l’unica pos­si­bi­li­tà di gua­ri­gio­ne nei pazien­ti con MDS e la soprav­vi­ven­za libe­ra da malat­tia a 5 anni dal tra­pian­to varia dal 23 al 60% a secon­da dell’età del pazien­te, del­le sue con­di­zio­ni gene­ra­li, del tipo di con­di­zio­na­men­to e del­la com­pa­ti­bi­li­tà donatore/ricevente. Tale trat­ta­men­to può esse­re riser­va­to:

°pazien­ti con un rischio inter­me­dio I e II e alto rischio secon­do l’IPSS;
°età infe­rio­re ai 55 anni;
°dona­to­re HLA com­pa­ti­bi­le;
°assen­za di gra­vi pato­lo­gie asso­cia­te.

Trapianto allogenico di cellule staminali con condizionamento non-mieloablativo.

L’utilizzo di regi­mi che­mio­te­ra­pi­ci di con­di­zio­na­men­to ad inten­si­tà ridot­ta han­no dimi­nui­to la tos­si­ci­tà del­la pra­ti­ca tra­pian­to­lo­gi­ca, con­sen­ten­do di esten­der­ne l’indicazione a pazien­ti in età avan­za­ta o in sca­den­ti con­di­zio­ni gene­ra­li; per que­sto moti­vo tale approc­cio può riguar­da­re:
°pazien­ti a rischio inter­me­dio I e II ed alto rischio secon­do l’IPSS;
° di età non supe­rio­re ai 65 anni non ele­gi­bi­li per il tra­pian­to stan­dard;

I pazien­ti non can­di­da­ti al tra­pian­to che pre­sen­ta­no un ecces­so di cel­lu­le bla­sti­che pos­so­no esse­re trat­ta­ti con regi­mi che­mio­te­ra­pi­ci aggres­si­vi che con­sen­to­no nei sog­get­ti più gio­va­ni con un cario­ti­po favo­re­vo­le di ave­re mag­gio­ri pro­ba­bi­li­tà di remis­sio­ni com­ple­te:
°pazien­ti a rischio inter­me­dio II e alto rischio secon­do l’IPSS;
°di età infe­rio­re ai 55 anni non can­di­da­ti al tra­pian­to;
°di età com­pre­sa tra i 55 e 65 anni in assen­za di gra­vi pato­lo­gie.

Esistono poi tera­pie far­ma­co­lo­gi­che che pos­so­no esse­re riser­va­te ad una lar­ga fascia di pazien­ti che non sono ele­gi­bi­li alla pro­ce­du­ra tra­pian­to­lo­gi­ca o alla che­mio­te­ra­pia: tra que­ste ricor­dia­mo i far­ma­ci ipo­me­ti­lan­ti come la 5‑Azacitidina e Decitabina che han­no la fun­zio­ne di ipo­me­ti­la­re spe­ci­fi­che sequen­ze di DNA la cui iper­me­ti­la­zio­ne svol­ge un ruo­lo impor­tan­te nei pro­ces­si di tra­sfor­ma­zio­ne neo­pla­sti­ca coin­vol­gen­do geni che con­trol­la­no il ciclo cel­lu­la­re e l’apoptosi; far­ma­ci immu­no­sop­pres­si­vi (Globulina Antilinfocitaria e Ciclosporina A)che impe­di­sco­no a re, azio­ni autoim­mu­ni media­te da clo­ni di lin­fo­ci­ti T di pro­vo­ca­re sop­pres­sio­ne del­la pro­li­fe­ra­zio­ne midol­la­re ed esse­re respon­sa­bi­li del­la cito­pe­nia peri­fe­ri­ca tipi­ca del­la pato­lo­gia.
Infine ricor­dia­mo la Lenalidomide un far­ma­co anti-neoangiogenetico che è sta­to appro­va­to nel 2005 per il trat­ta­men­to dei pazien­ti a bas­so rischio IPSS con dele­zio­ne iso­la­ta del brac­cio lun­go del cro­mo­so­ma 5 e ane­mia trasfusione-dipendente.

Accanto alla tera­pia tra­pian­to­lo­gi­ca, che­mio­te­ra­pi­ca e far­ma­co­lo­gi­ca, un cen­no meri­ta la tera­pia di sup­por­to che ha lo sco­po di cor­reg­ge­re la cito­pe­nia peri­fe­ri­ca, man­te­nen­do l’Emoglobina entro con­cen­tra­zio­ni accet­ta­bi­li e ridu­cen­do il rischio emor­ra­gi­co miglio­ran­do la qua­li­tà di vita del pazien­te; tale miglio­ra­men­to si ottie­ne sia attra­ver­so tra­sfu­sio­ni di san­gue, che pos­so­no però deter­mi­na­re accu­mu­lo di fer­ro con con­se­guen­te neces­sa­ria appli­ca­zio­ne di tera­pia fer­ro­che­lan­te e Eritropoietina Ricombinante che con­sen­te in alcu­ni casi, spe­cie in pazien­ti con bas­sa % di bla­sti midol­la­ri, di aumen­ta­re signi­fi­ca­ti­va­men­te i livel­li di emo­glo­bi­na e ridur­re il fab­bi­so­gno tra­sfu­sio­na­le.

Si trat­ta quin­di di una pato­lo­gia dal­le mol­te­pli­ci sfac­cet­ta­tu­re sul­la qua­le la ricer­ca sta mar­cian­do a pas­so spe­di­to per garan­ti­re una buo­na qua­li­tà di vita al pazien­te ed una soprav­vi­ven­za libe­ra da malat­tia il più lun­ga pos­si­bi­le.

Dott. Pietro Falco

Ematologo