In questo articolo si spiegherà quando e perché avviene lo scivolamento vertebrale, chiamato anche spondilolistesi.

È una patologia che interessa il 3-7% della popolazione e consiste appunto nello spostamento di una vertebra rispetto a quella sottostante. Lo spostamento può avvenire in avanti (anterolistesi), indietro (retrolistesi) o più raramente di lato (laterolistesi). Colpisce più frequentemente le vertebre lombari e la prima sacrale. Ne parliamo con il Prof. Carmine Franco esperto di questo tipo di patologia con oltre 4500 interventi eseguiti e che esercita la sua attività chirurgica per il gruppo Giomi presso l’Icot di Latina e il S. Anna di Pomezia.

Quali sono le cause?

La spondilolistesi è in genere dovuto a quello che viene definita spondilolisi, cioè l’interruzione dell’istmo che è un piccolo archetto osseo posteriore che funge da ancoraggio per cui quando si rompe alla vertebra viene a mancare un importante elemento di ancoraggio alle altre vertebre, ed è quindi piuttosto comune che la vertebra sciolta si sposti rispetto alla colonna.

Vi sono altre cause?

Altre cause di scivolamento delle vertebre possono essere discopatie degenerative, scoliosi, oppure a seguito di un trauma o anche di tumori o altre patologie che interessano lo scheletro, come l’osteoporosi nelle donne che aumenta il rischio di frattura quindi anche dell’istmo che si può fratturare con maggiore facilità

Come avviene la diagnosi?

Per la diagnosi gli esami più importanti sono le radiografie in piedi e in flesso-estensione, la Risonanza ed eventualmente la TAC.

Quale è il trattamento?

Se i sintomi non sono troppo gravi è di solito conservativo con uso di farmaci antidolorifici e antiinfiammatori oltre a cicli di fisioterapia mirati a rafforzare i muscoli della schiena e gli addominali. In caso di fallimento dell’approccio conservativo è indicato l’intervento chirurgico.

In che cosa consiste l’intervento chirurgico?

Consiste nella stabilizzazione vertebrale della vertebra che scivola con quella sottostante e sovrastante può essere solo posteriore con viti peduncolari e barre o anche anteriore in cui il disco viene sostituito con una protesi intersomatica che conferisce nel tempo la fusione completa delle due vertebre con un risultato ancora più stabile e migliori risultati a lungo termine. L’intervento può essere eseguito a secondo dei casi in open o attraverso accessi percutanei o mini-invasivi. In entrambi i casi i pazienti vengono mobilizzati già 1-2 giorni dopo l’intervento con l’uso di un busto ortopedico e dimessi in 3-4 giornata.

L’intervento è pericoloso?

Le percentuali di successo degli interventi di stabilizzazione hanno raggiunto ormai valori elevatissimi con risoluzione completa dei sintomi. Le complicanze sono minime per lo più limitate a casi di infezione.

Dopo l’intervento si ritorna ad una vita normale?

La qualità della vita dopo un intervento di stabilizzazione migliora nettamente, il paziente torna a lavorare, fare sport, chiaramente osservando con scrupolo tutte le indicazioni del medico circa il necessario riposo post-operatorio e la fisioterapia prescritta.

Prof. Carmine Franco

Neurochirurgo