Oggi il SARS-CoV‑2 o più comu­ne­men­te noto come Coronavirus è diven­ta­to la star dei virus e ormai non si fa altro che par­la­re di lui; non dimen­ti­chia­mo, però che pur­trop­po il nostro pia­ne­ta è popo­la­to da diver­se tipo­lo­gie di micror­ga­ni­smi che cau­sa­no milio­ni di mor­ti ogni anno. 

Negli ulti­mi anni infat­ti si è mol­to par­la­to dell’HCV (Hepatitis C virus), un virus che è in gra­do di attac­ca­re e dan­neg­gia­re il fega­to, ma che for­tu­na­ta­men­te sem­bre­reb­be avviar­si ad una fine gra­zie alle recen­ti straor­di­na­rie tera­pie in gra­do di distrug­ger­lo.

Per decen­ni non sia­mo sta­ti in gra­do di vede­re que­sto virus, cono­sce­va­mo solo i suoi cugi­ni l’HAV e l’HBV, ma era così chia­ra la sua pre­sen­za che in pas­sa­to spes­so si par­la­va di epa­ti­te Non A Non B (NANBH), solo nel 1989 fu resa pub­bli­ca la sua esi­sten­za gra­zie alle ricer­che di Harvey J. Alter.

La pericolosità dell’Epatite C

L’HCV dal pun­to di vista media­ti­co fa mol­to meno rumo­re del COVID-19, ma pur­trop­po dal pun­to di vista epi­de­mio­lo­gi­co è altret­tan­to se non più peri­co­lo­so. Si sti­ma infat­ti che la pre­va­len­za glo­ba­le dell’infezione da HCV sia del 2–3%, che equi­va­le a cir­ca 130–170 milio­ni di indi­vi­dui infet­ti.

Inoltre si sti­ma che il virus dell’epatite C sia respon­sa­bi­le di cir­ca il 27% di tut­te le cir­ro­si epa­ti­che a livel­lo mon­dia­le e di cir­ca il 25% degli epa­to­car­ci­no­mi. La distri­bu­zio­ne dell’infezione da HCV è mol­to varia­bi­le a secon­da del pae­se con dati che varia­no da meno dell’1% a più del 10%. Per quan­to riguar­da l’Italia, i dati di pre­va­len­za sono mol­to discor­di, anche se si sti­ma che sia di cir­ca il 2%.

Le cause dell’HCV

L’infezione da HCV si veri­fi­ca gra­zie al pas­sag­gio di san­gue da per­so­na infet­ta, quin­di non può avve­ni­re per via ora­le come per mol­ti altri virus. 

Il virus deve in qual­che modo esse­re iniet­ta­to nel nostro orga­ni­smo per poter­ci infet­ta­re, per tale moti­vo le cau­se più comu­ni di con­ta­gio sono lo scam­bio di ogget­ti inqui­na­ti come rasoi, for­bi­ci, lamet­te o con­di­vi­sio­ne di aghi infet­ti (vet­to­re tipi­co in per­so­ne che fan­no uso di dro­ghe), ese­cu­zio­ne di tatuag­gi con mate­ria­le non ste­ri­liz­za­to, rap­por­to ses­sua­le con pos­si­bi­le scam­bio di san­gue (dovu­to in gene­re a micro­trau­mi del­le muco­se). 

Quindi è impor­tan­te che qual­sia­si pro­ce­du­ra medi­ca o este­ti­ca (come tatuag­gi o mani­cu­re) ven­ga effet­tua­ta con uten­si­li monou­so o ade­gua­ta­men­te ste­ri­liz­za­ti.

Purtroppo, una dei moti­vi prin­ci­pa­li di con­ta­gio è avve­nu­ta pri­ma degli anni ’90 a cau­sa del­le tra­sfu­sio­ni di san­gue; infat­ti come è sta­to pri­ma det­to non si era a cono­scen­za del virus pri­ma di quell’epoca e per tale ragio­ne non si era in gra­do di sape­re se il dona­to­re fos­se affet­to da epa­ti­te C.

La cronicità dell’epatite C

Una carat­te­ri­sti­ca del­l’in­fe­zio­ne da HCV è la cro­ni­ci­tà, cioè la capa­ci­tà del virus di con­vi­ve­re nel nostro orga­ni­smo per diver­si anni arre­can­do, in alcu­ni casi, un dan­no lie­ve, ma costan­te ai nostri orga­ni.

Si sti­ma che una vol­ta in con­tat­to con il virus HCV, solo il 20–30% del­le per­so­ne sia in gra­do di eli­mi­nar­lo spon­ta­nea­men­te, men­tre nel resto dei casi l’infezione cro­ni­ciz­za. 

Uno dei pro­ble­mi prin­ci­pa­li dell’infezione cro­ni­ca da HCV è che spes­so è del tut­to asin­to­ma­ti­ca, in mol­ti casi ci si accor­ge dell’infezione gra­zie ad un pre­lie­vo di con­trol­lo con evi­den­za di alte­ra­zio­ni del­le tran­sa­mi­na­si (anche se que­ste pos­so­no risul­ta­re anche del tut­to nor­ma­li in cor­so di infe­zio­ne cro­ni­ca) o nel­la peg­gio­re del­le ipo­te­si quan­do il virus ha crea­to un dan­no così avan­za­to da mani­fe­sta­re sin­to­mi di cir­ro­si epa­ti­caepa­to­car­ci­no­ma (HCC).

La cirrosi epatica

La cir­ro­si epa­ti­ca è lo sta­to più avan­za­to di com­pro­mis­sio­ne anatomo-funzionale del fega­to. Il costan­te dan­no cau­sa­to dal­la pre­sen­za del virus nel nostro fega­to, por­ta ad un len­to e gra­dua­le sov­ver­ti­men­to strut­tu­ra­le con accu­mu­lo di tes­su­to fibro­so, che nel­la fase più gra­ve indu­ce seve­ri defi­cit fun­zio­na­li del fega­to, non­ché alte­ra­zio­ni vasco­la­ri (iper­ten­sio­ne por­ta­le). 

La cir­ro­si oltre a cau­sa­re, nel­la fase di scom­pen­so, gra­vi com­pli­can­ze come asci­te ed ence­fa­lo­pa­tia, pre­di­spo­ne allo svi­lup­po di epa­to­car­ci­no­ma, un tumo­re mali­gno del fega­to.

La cir­ro­si epa­ti­ca è però una con­di­zio­ne che gene­ral­men­te si svi­lup­pa nel cor­so di mol­ti anni, è quin­di impor­tan­te in pri­mo luo­go evi­ta­re il con­ta­gio con il virus come ad esem­pio assi­cu­rar­si che ven­ga uti­liz­za­to mate­ria­le ste­ri­le o monou­so in caso di pro­ce­du­re inva­si­ve, con­trol­lo ema­ti­co degli enzi­mi epa­ti­ci e in caso di pos­si­bi­le rischio di con­ta­gio effet­tua­re un sem­pli­ce test per la ricer­ca degli anti­cor­pi HCV. 

Una vol­ta con­fer­ma­ta la posi­ti­vi­tà degli anti­cor­pi è uti­le effet­tua­re un test di secon­do livel­lo come l’ HCV-RNA qua­li­ta­ti­vo e/o quan­ti­ta­ti­vo il qua­le ricer­ca la pre­sen­za diret­ta del mate­ria­le gene­ti­co vira­le. Infatti è pos­si­bi­le ave­re una posi­ti­vi­tà per gli anti­cor­pi, pur non pre­sen­tan­do il virus nel nostro orga­ni­smo, come in quei sog­get­ti che han­no era­di­ca­to l’infezione o spon­ta­nea­men­te o gra­zie alla tera­pia.

Diversi stu­di scien­ti­fi­ci han­no inol­tre dimo­stra­to che la pre­sen­za di virus HCV nel nostro orga­ni­smo non è solo asso­cia­to alla pos­si­bi­li­tà di svi­lup­po di dan­no epa­ti­co, ma sem­bre­reb­be esse­re anche asso­cia­to ad un mag­gior rischio di svi­lup­pa­re malat­tie cardio-vascolari, malat­tie del siste­ma ner­vo­so ed anche di tumo­ri non epa­ti­ci.

Considerazioni finali

Ai gior­ni nostri esse­re infet­ta­to da HCV, però non signi­fi­ca esse­re con­dan­na­to ad una vita di malat­tia, anzi gra­zie alle nuo­ve tera­pie la pos­si­bi­li­tà di gua­ri­gio­ne è qua­si cer­ta. Infatti negli ulti­mi due decen­ni la tera­pia con­tro l’HCV ha fat­to pas­si da gigan­te, si è pas­sa­ti da una pos­si­bi­li­tà di era­di­ca­zio­ne del virus di cir­ca 10% all’at­tua­le 90–95%. 

Sino al 2010 il trat­ta­men­to stan­dard era rap­pre­sen­ta­to da inter­fe­ro­ne pegi­la­to (PegIFN) e riba­vi­ri­na (RBV), che assi­cu­ra­va una pos­si­bi­li­tà di era­di­ca­re il virus di cir­ca il 50%, ma il costo di tale suc­ces­so veni­va paga­to con diver­si effet­ti col­la­te­ra­li tra i qua­li i più comu­ni era­no feb­bre ed ane­mia. Nel 2013 sono sta­ti immes­si in com­mer­cio i pri­mi far­ma­ci ad azio­ne anti­vi­ra­le diret­ta (DAAs), boce­pre­virtela­pre­vir, tali far­ma­ci però non era­no in gra­do di agi­re da soli ed anda­va­no sem­pre asso­cia­ti a PegIFN e RBV; tale sche­ma tera­peu­ti­co aumen­ta­va la pro­ba­bi­li­tà di suc­ces­so al 70–80%, ma al con­tem­po gli even­ti avver­si che si mani­fe­sta­va­no era­no gra­vi ed inva­li­dan­ti. 

La vera rivo­lu­zio­ne tera­peu­ti­ca è avve­nu­ta nel 2015 con l’im­mis­sio­ne in com­mer­cio dei nuo­vi DAAs, tali regi­mi tera­peu­ti­ci han­no innal­za­to la pro­ba­bi­li­tà di era­di­ca­zio­ne del virus al 90–95% e soprat­tut­to abbas­sa­to dra­sti­ca­men­te la mani­fe­sta­zio­ne di even­ti avver­si. Infatti i nuo­vi far­ma­ci, non neces­si­ta­no di asso­cia­zio­ne con PegIFN o RBV, sono otti­ma­men­te tol­le­ra­ti ed anche il perio­do di cura è mol­to ridot­to, infat­ti se gli sche­mi con PegIFN e RBV dura­va­no dai 6 ai 12 mesi, attual­men­te con i nuo­vi regi­mi tera­peu­ti­ci il trat­ta­men­to dura dal­le 8 alle 12 set­ti­ma­ne.

L’infezione da HCV è una pia­ga che ha cau­sa­to e cau­sa anco­ra diver­se mor­ti nel mon­do, ma oggi sia­mo real­men­te ad un momen­to sto­ri­co nel­la bat­ta­glia con­tro que­sto nemi­co, la nuo­va sfi­da ora è quel­lo di sta­nar­lo poi­ché sia­mo dota­ti di tut­te le armi neces­sa­rie a distrug­ger­lo. 

Per far ciò è oppor­tu­no un bana­le con­trol­lo ema­ti­co (ricer­ca anti­cor­pi HCV) per sape­re se in qual­che modo sia­mo venu­ti a con­tat­to con il virus e non vi è nul­la da teme­re date le altis­si­me pro­ba­bi­li­tà di gua­ri­gio­ne.

Dott. Luca Fontanella

Specialista in Geriatria e Malattie del fega­to e del ricam­bio