Il midol­lo osseo o emo­po­ie­ti­co è l’organo in cui avven­go­no la pro­du­zio­ne e la matu­ra­zio­ne di tut­te le cel­lu­le del san­gue (glo­bu­li ros­si, pia­stri­ne e glo­bu­li bian­chi) ed è loca­liz­za­to nel­la cosid­det­ta par­te spu­gno­sa di mol­te ossa (ver­te­bre, ossa del cra­nio, coste, ossa lun­ghe del­le brac­cia e del­le gam­be). Come ogni altro orga­no il midol­lo osseo pos­sie­de il pro­prio siste­ma di inner­va­zio­ne e vasco­la­riz­za­zio­ne.

Il san­gue, inte­so come uni­tà di matri­ce emo­po­ie­ti­ca e cel­lu­le cir­co­lan­ti, è un tes­su­to com­pli­ca­to, in cui nume­ro­si ele­men­ti sono sele­zio­na­ti, orga­niz­za­ti e rego­la­ti come stru­men­ti di un’orchestra sin­fo­ni­ca, al fine di otte­ne­re un risul­ta­to armo­nio­so, sta­bi­le ed effi­ca­ce. La for­ma­zio­ne del san­gue dipen­de dall’esistenza di una cel­lu­la det­ta STAMINALE MULTIPOTENTE, rico­no­sciu­ta per la capa­ci­tà di for­ma­re col­tu­re in vitro a lun­go ter­mi­ne.

Ce ne par­la il Dottor Pietro Falco, ema­to­lo­go.

“Le cel­lu­le sta­mi­na­li e i pro­ge­ni­to­ri emo­po­ie­ti­ci, dopo la nasci­ta e negli indi­vi­dui adul­ti, sono loca­liz­za­ti nel midol­lo osseo, dove, in con­di­zio­ni sta­zio­na­rie, si divi­do­no con un equi­li­brio mol­to fra­gi­le tra auto-mantenimento, dif­fe­ren­zia­zio­ne e quie­scen­za. Alterazioni del­la rego­la­zio­ne di que­sto deli­ca­to siste­ma rap­pre­sen­ta­no la cau­sa del­la mag­gior par­te del­le neo­pla­sie emo­po­ie­ti­che. Le cel­lu­le sta­mi­na­li han­no il com­pi­to di pro­dur­re tut­te le cel­lu­le che cir­co­la­no nel san­gue peri­fe­ri­co attra­ver­so un pro­ces­so arti­co­la­to e stret­ta­men­te con­trol­la­to det­to Emopoiesi.

L’aggettivo sta­mi­na­le deri­va dal lati­no sta­men, filo, al qua­le in modo figu­ra­to è lega­ta la vita di ogni uomo, quel­lo che nel­la mito­lo­gia è fila­to e reci­so dal­le Parche. Le cel­lu­le sta­mi­na­li han­no pro­prie­tà pecu­lia­ri: han­no la capa­ci­tà di auto-mantenersi, di dif­fe­ren­ziar­si nei vari tipi cel­lu­la­ri e di gene­ra­re colo­nie quan­do sono col­ti­va­te in vitro, in labo­ra­to­rio”.

Che cosa può dirci degli studi su queste cellule?

“Le cel­lu­le sta­mi­na­li emo­po­ie­ti­che ven­ne­ro per la pri­ma vol­ta dimo­stra­te nel topo con il colony-forming-unit-spleen-assay, basa­to sul­la capa­ci­tà di cel­lu­le emo­po­ie­ti­che di dare ori­gi­ne a colo­nie sple­ni­che (cioè del­la mil­za) in un topo che dodi­ci gior­ni pri­ma era sta­to sot­to­po­sto a irra­dia­zio­ne leta­le. Da que­sta pri­ma dimo­stra­zio­ne sono sta­ti com­piu­ti mol­ti pro­gres­si.

Tutti gli stu­di riguar­dan­ti le cel­lu­le sta­mi­na­li sono basa­ti sull’analisi in vitro del­la clo­na­li­tà, cioè sul­la pos­si­bi­li­tà di segui­re una sin­go­la cel­lu­la sta­mi­na­le e le cel­lu­le da essa genea­te (Test di clo­no­ge­ni­ci­tà). Tale tec­ni­ca ha per­mes­so di defi­ni­re le carat­te­ri­sti­che salien­ti del­le cel­lu­le sta­mi­na­li emo­po­ie­ti­che.

E’ sta­to, infat­ti, dimo­stra­to che sono capa­ci di crea­re un equi­li­brio tra auto-mantenimento e dif­fe­ren­zia­men­to: sono mul­ti­po­ten­ti (una sin­go­la cel­lu­la sta­mi­na­le pro­du­ce alme­no 8–10 linee distin­te di cel­lu­le matu­re del san­gue); cia­scu­na cel­lu­la è capa­ce di gene­ra­re una pro­ge­nie di cel­lu­le matu­re suf­fi­cien­te a garan­ti­re la ripre­sa dell’emopoiesi dopo un tra­pian­to; sono rare (han­no una fre­quen­za com­pre­sa tra 1: 10000 e 1: 100000 cel­lu­le nel caso del midol­lo osseo); sono quie­scen­ti cioè pos­sie­do­no un bas­so indi­ce mito­ti­co nel siste­ma emo­po­ie­ti­co dell’adulto”.

Perché sono importanti le cellule staminali?

“La cel­lu­la sta­mi­na­le emo­po­ie­ti­ca è asso­lu­ta­men­te indi­spen­sa­bi­le per man­te­ne­re una nor­ma­le emo­po­ie­si e per garan­ti­re la sua ripre­sa dopo un tra­pian­to di midol­lo osseo. Sono dispo­ni­bi­li siste­mi di col­tu­ra a bre­ve, medio e lun­go ter­mi­ne che con­sen­to­no di esa­mi­na­re le varie clas­si di cel­lu­le sta­mi­na­li.

Esse dif­fe­ri­sco­no per la cine­ti­ca di rico­sti­tu­zio­ne midol­la­re: quel­le a bre­ve ter­mi­ne dan­no luo­go alla ripo­po­la­zio­ne cel­lu­la­re nel­le pri­me set­ti­ma­ne dopo il tra­pian­to ma non sono dota­te di vita lun­ga; quel­le a lun­go ter­mi­ne sono respon­sa­bi­li del­la ripo­po­la­zio­ne cel­lu­la­re dura­tu­ra che ini­zia pochi mesi dopo la pri­ma rico­sti­tu­zio­ne e si man­tie­ne per tut­to l’arco del­la vita; quel­le a medio ter­mi­ne agi­sco­no da pon­te tra la fase pre­co­ce (col­tu­re a bre­ve ter­mi­ne) e quel­la tar­di­va (col­tu­re a lun­go ter­mi­ne).

Adesso le cel­lu­le sta­mi­na­li adul­te pos­so­no esse­re uti­liz­za­te a sco­po cli­ni­co per gene­ra­re cel­lu­le appar­te­nen­ti a tes­su­ti diver­si da quel­lo di ori­gi­ne. Questa carat­te­ri­sti­ca det­ta PLASTICITA’ è uti­liz­za­ta per valu­ta­re l’efficacia tera­peu­ti­ca a livel­lo tra­pian­to­lo­gi­co. Varie casi­sti­che han­no ripor­ta­to che il rice­ven­te tali cel­lu­le svi­lup­pa uno sta­to di chi­me­ri­smo (pre­sen­za di cel­lu­le del dona­to­re accan­to a cel­lu­le del rice­ven­te) a vari livel­li tis­su­ta­li: dal tes­su­to epa­ti­co al tes­su­to ner­vo­so, dal trat­to gastroen­te­ri­co alla cute.

Al di là degli ipo­te­ti­ci mec­ca­ni­smi che deter­mi­na­no la pla­sti­ci­tà del­la cel­lu­la sta­mi­na­le emo­po­ie­ti­ca, gli sce­na­ri tra­pian­to­lo­gi­ci che si apro­no con il tra­pian­to del­le cel­lu­le sta­mi­na­li sono immen­si. Il loro impie­go nel­la ripa­ra­zio­ne dei tes­su­ti, musco­la­re, ten­di­neo, mio­car­di­co, gastroen­te­ri­co, ner­vo­so è sicu­ra­men­te un pas­so fon­da­men­ta­le anche nel­la cura di pato­lo­gie inva­li­dan­ti o che pos­so­no tra­sfor­mar­si in pato­lo­gie addi­rit­tu­ra mor­ta­li.

I van­tag­gi sono di tipo chi­rur­gi­co (bre­vi­tà dell’intervento), ria­bi­li­ta­ti­vo (rapi­do ripri­sti­no del­le atti­vi­tà), mino­re pos­si­bi­li­tà di effet­ti col­la­te­ra­li infet­ti­vi e/o di riget­to. Per esse­re effi­ca­ce­men­te uti­liz­za­te è neces­sa­rio che sia­no ino­cu­la­te nel­la sede del­la lesio­ne in con­cen­tra­zio­ne suf­fi­cien­te. Devono esse­re poi cor­ret­ta­men­te gui­da­te da segna­li spe­ci­fi­ci libe­ra­ti­si dal tes­su­to dan­neg­gia­to”.

Dott. Pietro Falco

Ematologo