Riportiamo fedel­men­te l’ar­ti­co­lo scrit­to dal­la Redazione di PadovaOggi:

Due tumo­ri “infil­za­ti, cot­ti e bru­cia­ti”, annien­ta­ti con­tem­po­ra­nea­men­te a 150 gra­di. Un ottan­ten­ne pado­va­no è sta­to pro­ta­go­ni­sta di un inter­ven­to sin­cro­no su una cop­pia di lesio­ni can­ce­ro­se, a fega­to e rene, median­te ter­moa­bla­zio­ne con microon­de eco­gui­da­ta per via per­cu­ta­nea: un inter­ven­to, cioè, dove non vie­ne uti­liz­za­to un bistu­ri ma un ago che attra­ver­sa la pel­le del pazien­te (via per­cu­ta­nea) fino a rag­giun­ge­re la zona mala­ta, ucci­den­do le cel­lu­le tumo­ra­li median­te il calo­re.“

Inoperabile con le tec­ni­che tra­di­zio­na­li
 
L’uomo era sta­to giu­di­ca­to ino­pe­ra­bi­le con le tec­ni­che tra­di­zio­na­li a cau­sa di pato­lo­gie pre­gres­se. Valutato cir­ca un anno fa pres­so il repar­to di Gastroenterologia del­l’o­spe­da­le Sant’Antonio di Padova per una epa­to­pa­tia cro­ni­ca HCV cor­re­la­ta, era sta­to sot­to­po­sto a tera­pia con nuo­vi far­ma­ci che ave­va­no per­mes­so l’e­ra­di­ca­zio­ne del virus: il gra­do del­l’e­pa­to­pa­tia però con­si­glia­va una pre­sa in cari­co del­l’uo­mo con con­trol­li seme­stra­li ser­ra­ti, esa­mi ed eco­gra­fia per via del con­cre­to rischio di com­par­sa di tumo­re al fega­to (epa­to­car­ci­no­ma), in caso affer­ma­ti­vo da con­tra­sta­re con dia­gno­si tem­pe­sti­va. Nella pri­ma­ve­ra del 2019 ad un con­trol­lo eco­gra­fi­co è sta­to infat­ti riscon­tra­to un nodu­lo sospet­to di 28 mm loca­liz­za­to nel­la cupo­la epa­ti­ca, subi­to sot­to al dia­fram­ma. Gli accer­ta­men­ti suc­ces­si­vi con Tac ed eco­gra­fia con mez­zo di con­tra­sto non solo han­no con­fer­ma­to la natu­ra tumo­ra­le del­la lesio­ne ma han­no anche rile­va­to la pre­sen­za sul rene sini­stro di una secon­da neo­pla­sia di 20 mm.“
 

Intervento in 20 minu­ti

In sin­te­si l’an­zia­no risul­ta­va affet­to da due tumo­ri pri­mi­ti­vi, a fega­to e rene, inol­tre sof­fri­va di una seria malat­tia car­dia­ca che con­tro­i­di­ca­va un inter­ven­to di chi­rur­gia mag­gio­re per via del rischio anestesiologico-chirurgico. Un qua­dro cli­ni­co com­ples­si­va­men­te disar­man­te. Alla luce di tut­to que­sto, l’é­qui­pe dell’Unità ope­ra­ti­va sem­pli­ce di Epatologia dell’Ospedale Madre Teresa di Calcutta di Monselice diret­ta dal dot­tor Mauro Mazzucco, in seno all’Unità ope­ra­ti­va com­ples­sa di Medicina gui­da­ta dal­la dot­to­res­sa Lucia Leone, non si è per­sa d’a­ni­mo e ha pro­po­sto un inter­ven­to di ter­moa­bla­zio­ne median­te microon­de, eco­gui­da­to per via per­cu­ta­nea con trat­ta­men­to sin­cro­no del­le due lesio­ni, epa­ti­ca e rena­le. Al tavo­lo ope­ra­to­rio lo stes­so dr. Mazzucco, affian­ca­to da un ane­ste­si­sta e due infer­mie­ri. L’intervento, ese­gui­to in seda­zio­ne pro­fon­da e respi­ro spon­ta­neo (non quin­di in ane­ste­sia gene­ra­le), è dura­to cir­ca 20 minu­ti per il trat­ta­men­to dei due tumo­ri. Il con­trol­lo con eco­gra­fia con mez­zo di con­tra­sto ese­gui­to a 24 ore ha dimo­stra­to la com­ple­ta eli­mi­na­zio­ne di entram­bi e il pazien­te è sta­to dimes­so. Un gran­de risul­ta­to frut­to di un approc­cio mul­ti­di­sci­pli­na­re tra l’Unità ope­ra­ti­va sem­pli­ce di Epatologia e la Unità ope­ra­ti­va com­ples­sa di Urologia diret­ta dal dr. Antonino Calabrò dell’Ospedale Monselice, e l’Unità ope­ra­ti­va com­ples­sa di Gastroneterologia dell’Ospedale Sant’Antonio di Padova gui­da­ta dal­la dott.ssa Franca De Lazzari. “

Già 1300 inter­ven­ti

«Dietro la nostra atti­vi­tà appa­ren­te­men­te ordi­na­ria — com­men­ta il Direttore gene­ra­le dell’Ulss 6 Euganea, Domenico Scibetta — si nascon­do­no sto­rie stra-ordinarie: anco­ra una vol­ta dico gra­zie ai nostri ope­ra­to­ri, alla loro mae­stria, alla loro capa­ci­tà di fare squa­dra e di affi­na­re la tec­ni­ca, per risul­ta­ti fino a poco tem­po fa impen­sa­bi­li». Tecnicamente si chia­ma “Termoablazione median­te radio­fre­quen­za o microon­de”, in pra­ti­ca si tra­du­ce in una rea­le spe­ran­za di gua­ri­gio­ne con mini­mo impat­to sul­la qua­li­tà di vita. «La ter­moa­bla­zio­ne — spie­ga il dr. Mazzucco — è un inter­ven­to che, median­te l’uso di aghi par­ti­co­la­ri che por­ta­no ad alte tem­pe­ra­tu­re la zona mala­ta, per­met­te di eli­mi­na­re alcu­ni tipi di tumo­re in pazien­ti sele­zio­na­ti sen­za ane­ste­sia gene­ra­le, sen­za ricor­so al bistu­ri e con gli stes­si risul­ta­ti del­la chi­rur­gia, pre­ser­van­do i tes­su­ti cir­co­stan­ti sani». Le microon­de (le stes­se del nostro for­no di casa) rag­giun­go­no i 140–150°. L’alta tem­pe­ra­tu­ra pro­vo­ca la dena­tu­ra­zio­ne del­le pro­tei­ne intra­cel­lu­la­ri mala­te, la dis­so­lu­zio­ne del­la mem­bra­na e la mor­te del­la cel­lu­la. Il tumo­re vie­ne così disi­dra­ta­to e va incon­tro a necro­si (mor­te cel­lu­la­re, appun­to). Dal 1999 ad oggi i medi­ci dell’Unità ope­ra­ti­va sem­pli­ce di Epatologia dell’Ospedale di Monselice han­no ese­gui­to cir­ca 1300 inter­ven­ti di ter­moa­bla­zio­ne su fega­to, rene, pol­mo­ne, osso, tiroi­de, inter­ven­ti cir­co­scrit­ti a un nove­ro sele­zio­na­to di pazien­ti, in spe­ci­fi­che con­di­zio­ni cli­ni­che. In par­ti­co­la­re si segna­la la più ampia casi­sti­ca euro­pea con 255 pazien­ti con tumo­re rena­le trat­ta­ti con la ter­moa­bla­zio­ne e con­trol­la­ti per un tem­po medio di 68 mesi, con effi­ca­cia del­la tec­ni­ca del 98.5%“