Una donna su tre è a rischio osteoporosi, dopo i 50 anni, ossia dopo la menopausa che provoca l’abbassamento dei livelli di estrogeni e quindi la perdita di calcio e fosforo nelle ossa. L’Osteoporosi si manifesta in maniera subdola, silenziosa, purtroppo quando si manifestano le cavità porotiche le vertebre si possono fratturare provocando dolori acutissimi. Fino a dieci anni fa, queste fratture venivano trattate con l’immobilizzazione del paziente con busto, spesso necessario un prolungato allettamento, con rischi trombotici elevati, la somministrazione di antidolorifici fortissimi, oppiacei, arrivando perfino alla morfina. Il recupero era molto lungo e difficile.

Oggi la situazione è cambiata, grazie alla chirurgia mininvasiva queste fratture possono essere sanate grazie alla cementificazione della vertebra.

Ne parliamo con il Prof. Carmine Franco che svolge la sua attività chirurgica all’ICOT di Latina.

Che cosa è la cementificazione della vertebra?

E’ una procedura terapeutica mininvasiva più comunemente nota come Vertebroplastica percutanea.

Che cos’è la Vertebroplastica percutanea?

E’ una procedura che consiste nell’iniezione, in anestesia locale, senza tagli o incisioni, all’interno della vertebra fratturata, con un ago dedicato, controllato con la radiografia intraoperatoria, di una resina acrilica comunemente chiamato cemento attraverso il peduncolo cerebrale. Il cemento iniettato si diffonde all’interno della vertebra fratturata e si solidifica nel giro di poco tempo, determinando la scomparsa del dolore e la stabilizzazione della vertebra fratturata, riducendo il rischio di ulteriori cedimenti.

Quanto dura il trattamento?

La durata del trattamento non supera solitamente i venti minuti. Il paziente dopo qualche ora può tornare in piedi e ricominciare a camminare senza dolore.

Quali pazienti possono effettuare il trattamento?

Chiaramente è indicato nei pazienti che hanno subito la frattura di vertebre da osteoporosi, però può essere praticato anche in pazienti con fratture da metastasi, mieloma multiplo o angiomi. L’unico elemento fondamentale che deve essere presente è l’integrità del muro posteriore della vertebra fratturata per evitare il rischio che il cemento possa invadere il canale spinale posteriormente.

Quali sono i rischi o le controindicazioni?

Le controindicazioni sono limitate quali i disturbi della coagulazione, la procedura può presentare pur se raramente delle complicanze, i rischi maggiori sono dovuti allo stravaso di cemento nel canale spinale difficile se c’è l’integrità del muro posteriore, eventuali infezioni, allergia al cemento o estremamente difficile insufficienza respiratoria acuta a causa di migrazione del cemento nei vasi polmonari.

Quali sono gli esami necessari per l’intervento?

Prima di subire l’intervento i pazienti devono essere sottoposti a radiografia, risonanza magnetica ed eventualmente scintigrafia ossea e Tac.

Prof. Carmine Franco

Neurochirurgo