L’utilizzo dell’Eparina come anticoagulante è ormai consolidato da tempo sia per il trattamento e la profilassi del tromboembolismo venoso sia per il trattamento dell’embolia polmonare, in sinergia con gli anticoagulanti orali, grazie alla sua rapidità di azione. Tuttavia essa espone il paziente ad un aumentato, ma fortunatamente reversibile, rischio emorragico. A parlarcene è il Dottor Pietro Falco, esperto Ematologo.

L’effetto collaterale più grave è la Piastrinopenia indotta da eparina (heparin-induced thrombocytopenia – HIT) grave complicanza protrombotica che si caratterizza per la riduzione del numero delle piastrine, che può avvenire tra il 5° e il 14° giorno dall’inizio del trattamento eparinico, con un tasso di mortalità elevato (tra il 5 e il 10% dei casi).In generale la frequenza di HIT dipende da vari fattori: 1) tipo di eparina (ENF porcina>ENF bovina>EBPM); 2) durata del trattamento (11-14 gg>5-10 gg>1-4 gg); 3) dosi utilizzate (terapia>profilassi); 4) tipo di paziente (paziente post-chirurgico>paziente internistico>ostetricia) e sulla base dell’incidenza nei diversi ambiti clinici, il rischio di HIT può essere classificato in: frequente (>1%), poco frequente (0,1-1%), raro (<0,1%).”

Cos’è la Piastrinopenia da Eparina?

E’ una patologia la cui eziologia è poco nota e si caratterizza per una predisposizione a fenomeni trombotici dovuti a reazioni immunitarie e da una notevole produzione di trombina (proteina molto importante nei processi coagulativi). Dopo la somministrazione di eparina, si assiste ad un enorme aumento di una proteina chiamata PF4 (proteina contenuta all’interno delle piastrine e che si lega molto facilmente all’eparina). 

Il legame con l’eparina provoca delle reazioni immunitarie con formazione di anticorpi e conseguente attivazione piastrinica con formazione di aggregati e piastrinopenia. Il meccanismo fondamentale della piastrinopenia è dato sia dalla formazione di trombi sia dal sequestro piastrinico da parte del sistema Reticolo-endoteliale.

La Piastrinopenia da eparina in genere si verifica entro 14 giorni dall’inizio della terapia eparinica con una caduta del conteggio piastrinico > o = 50% rispetto al basale, con un ripristino del normale conteggio piastrinico entro pochi giorni dalla sostituzione dell’eparina con un farmaco anticoagulante idoneo. Le complicanze trombotiche includono patologie cardiopolmonari come embolia polmonare, infarto del miocardio, stroke, trombosi arteriose periferiche con mortalità di circa il 5-10%”.

Come si può diagnosticare?

Tra gli strumenti diagnostici più importanti ricordiamo gli score clinici tra cui il 4Tscore (4Ts) che prende in considerazione 4 elementi: 1) la piastrinopenia; 2) la durata del trattamento con eparina; 3) la comparsa di trombosi (o di altre complicanze); 4) presenza o meno di altre cause di piastrinopenia. Ad ogni fattore è assegnato un punteggio da 0 a 2 e la somma dei quattro punteggi consente di dividere i pazienti in tre categorie a rischio di HIT: basso (=0-3); intermedio (=4-5); alto (=6-8). 

Tale score ha un altissimo valore predittivo negativo (99.7%) per cui nei pazienti a basso rischio, può essere esclusa la presenza di HIT senza ulteriori accertamenti. La diagnosi laboratoristica si basa su test immunologici, che misurano i titoli anticorpali, e su test funzionali che valutano direttamente l’effetto sull’attivazione e sull’aggregazione piastrinica degli anticorpi, disponibili in pochi centri specialistici”.

Come si tratta?

Ancora oggi non si conosce il miglior farmaco per il trattamento della HIT; pur se proposte varie molecole, numerosi studi hanno dimostrato che il fondaparinux (ARIXTRA) presenta efficacia e basso rischio emorragico. 

Gli Anti-Vitamina K non hanno indicazione dal momento che possono determinare un aumento del rischio trombotico per il rapido calo della proteina C: tuttavia possono essere utilizzati nel paziente già stabilizzato e con una conta piastrinica > 150.000/mmc, per una durata non ancora definita che dipende o meno dalla complicanza trombotica (1 anno in paziente con HIT in assenza di complicanza trombotica, 3-6 mesi in caso di evento trombotico)”.

 

Dott. Pietro Falco

Ematologo